venerdì 23 marzo 2012

artico de IL GIORNO 23 marzo 2012


Banda larga, quando il sogno diventa un incubo
Fim-Cisl denuncia: "Fermo da anni il piano della Regione che può salvare Jabil. Il settore deve passare in mani pubbliche".
di Gabriele Gabbini
Cassina de' Pecchi, 23 marzo 2012 - Un accorato appello alla Regione perché intervenga subito per salvare la Jabil. Lo ha lanciato la Fim-Cisl al Pirellone, visto che sono ormai sempre di più le realtà dell’high tecnology e del settore telecomunicazioni che lasciano il Bel Paese per fuggire verso lidi più esotici e, soprattutto, meno cari. Tra le tante aziende lombarde che vedono addensarsi nuvoloni sempre più neri all’orizzonte ci sono nomi del calibro di Alcatel, Italtel, Agile e molte altre, ma la Jabil, con i suoi 325 lavoratori lasciati a casa dallo scorso dicembre, è senza dubbio una delle realtà più in crisi. «Jabil è una fabbrica produttiva - precisa Christian Gambarelli, segretario della Fim-Cisl di Milano - e per sostenere il suo lavoro occorrono investimenti concreti e importanti».

Per esempio la banda larga: «Se ne parla ormai da cinque anni, ma concretamente cosa si è fatto? Nulla - chiarisce, deluso -. Siamo ancora al punto di partenza, e questo perché il settore continua a essere monopolizzato dai privati. Bisogna capire invece che la gestione deve passare nelle mani pubbliche: i privati non si muovono se non vedono guadagni per le loro tasche, mentre qui c’è un intero settore da salvare o rischiamo di dire addio a risorse fondamentali, non solo per la Lombardia».
Allora le richieste sono poche ma precise: «Occorre far emergere le potenzialità e le opportunità del settore dell’alta tecnologia per favorire gli investimenti e gli insediamenti industriali - spiegano dalla Fim-Cisl -. Per rilanciare l’intera industria poi è necessario scommettere fortemente sul settore tlc a partire proprio da siti come quello di Cassina. Serve un progetto pubblico da proporre al territorio (come appunto la banda larga), cui contribuiscano imprese, centri di ricerca e sviluppo e università. In secondo luogo - continuano i sindacati - bisogna incrementare e dare certezza agli investimenti pubblici sulle infrastrutture tecnologiche e soprattutto aprire il confronto con le imprese per evitare lo spauracchio delocalizzazione».

Ultimo, ma non certo meno importante, bisogna «creare un tavolo di confronto permanente sull’high tech a livello regionale e nazionale, per monitorare la situazione del settore, confrontare proposte e offrire indirizzi di programmazione e intervento al territorio». «Perché Jabil, almeno così come la conoscevamo, non esiste più - chiude Gambarelli -, ma i suoi lavoratori sì. Ed è dovere di queste istituzioni trovare il modo di ricollocarli per non perdere risorse importantissime».

Nessun commento: