venerdì 25 novembre 2011

UN'ALTRA POSSIBILITA' per 320 persone



Manifestazione dei lavoratori Jabil in confindustria Bergamo
Il destino di Jabil Italia sembra essere ormai segnato, almeno per lo stabilimento di Cassina de Pecchi. Restano pochi giorni per gestire una situazione complicata e per non sfociare nella disperazione.
Il piano industriale presentato lo scorso settembre è stato portato avanti dal management italiano che, anche se qualcuno si era illuso del contrario, aveva il mandato e la copertura della direzione americana che ha avallato lo stesso piano dal momento della stesura, a nostro avviso, e non solamente a posteriori.
E’ bene chiarirlo: per la FIM questo piano era ed è inaccettabile ed eravamo e siamo contrari ad aumentare il numero dei disoccupati di questo settore e di questo territorio.
Siamo anche dell’opinione che alcuni segnali si sarebbero dovuti “leggere prima” per non arrivare, come purtroppo spesso accade, a dover curare invece che a poter prevenire.

Come FIM ci sembra, che far finire tutto il prossimo 14 dicembre potrebbe essere l’ultimo ed immeritato regalo che si finirebbe per fare alla JABIL.

Quale alternativa?

Per essere chiari e per evitare inutili illusioni, a meno di miracoli inattesi, ancora a d oggi non ci sono alternative reali alla chiusura dello stabilimento di Cassina.
Ma c’è modo e modo di chiudere e modo e modo di gestire questa fase delicata.
Abbiamo chiesto, a più voci (OO.SS ed Istituzioni, MISE compreso) ed a più riprese il ritiro del progetto industriale: ma Jabil non ha sentito ragioni.

Ora al 14 dicembre, giorno di scadenza della cassa straordinaria, si prospettano 2 scenari:

  • l’azienda potrebbe far calare il sipario e chiudere la procedura di mobilità, anche senza accordo sindacale, avviando i licenziamenti, con tutto quello che ne consegue
  • l’azienda potrebbe essere coinvolta in un nuovo percorso per cercare, in sinergia con le Istituzioni e le OO.SS locali, per trovare delle soluzioni alternative, per diminuire l’impatto sociale della chiusura
La prima ipotesi (chiusura totale ed immediata) sarebbe sicuramente la più comoda per la Jabil: con un solo atto chiuderebbe lo stabilimento e licenzierebbe il personale. E noi come FIM non potremo MAI avvallare questa possibilità.
Non solo: non avendo più una responsabilità diretta sui lavoratori, non sarebbe nemmeno chiamata o coinvolta nei processi di riconversione, formazione, ricollocazione degli stessi.
Ribadiamo: un regalo che Jabil non merita!!!

Oltre al danno ci potrebbe essere pure la beffa: quella di scaricare la responsabilità di aver dovuto prendere questa strada per l’indisponibilità altrui a condividere altri percorsi.

La seconda ipotesi non ha l'illusione di modificare nei fatti l’esito finale che è, come già detto, l’uscita di scena di Jabil da Cassina: ma coinvolgerebbe, almeno in parte l’azienda assieme alle Strutture sindacali territoriali, alla Regione, alle Istituzioni locali in un programma di ricerca per cercare di ricollocare, con l’utilizzo di programmi formativi mirati, più personale possibile. Più tempo per trovare strade nuove.
Si potrebbe lavorare anche per creare l’interesse di altre aziende/imprenditori: lo spezzatino non è mai una soluzione che suscita entusiasmo……..ma è sempre meglio del nulla che ci sarebbe come alternativa.

Questa seconda ipotesi, comporterebbe l’allungamento dei tempi di circa 6 mesi, a stabilimento comunque non attivo o solo per una minima parte, ma che potrebbe essere utilizzato per attività formative o altri percorsi utili alla ricollocazione del personale.

Siamo dunque davanti ad una scelta sicuramente difficile: chiudere o gestire la chiusura, cercando tutte le possibili soluzioni per azzerare l’impatto sociale.

Una scelta che va fatta nell’interesse dei lavoratori e non inseguendo i mulini a vento di rivincite su altre partite contrattuali.

Ci sarebbe anche la terza ipotesi: Babbo Natale che dopo averci portato un Governo nuovo ci porta anche nuovi clienti per Cassina……

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